Oggi parlo di Arma Infero – Il Mastro di Forgia, romanzo d’esordio di Fabio Carta.
Sono passati mesi da quando Fabio Carta mi ha chiesto di recensire Arma Infero. Ammetto che, un po’ per pigrizia un po’ per il lavoro che a periodi mi lascia pochissimo spazio per le recensioni, il romanzo è rimasto avviato per un bel po’ senza che io mi decidessi a finirlo (a mia discolpa posso dire il romanzo è corposo, quasi duemila pagine su Kindle!).
Inizio con una considerazione che più che con la mia identità di blogger ha a che fare con il mio ruolo lavorativo, strettamente legato al web: bisogna fare i complimenti all’autore, che in questi mesi ha fatto un grandissimo lavoro di promozione del proprio romanzo. Fabio si è prodigato un sacco per far conoscere la sua opera alla fandom di fantascienza sul web (ne sono testimonianza le numerosissime recensioni online di Arma Infero), e visto che – mio malgrado – le dinamiche di internet sono il mio pane quotidiano, posso dire che questo è un buonissimo modo per fare strada.
Ma veniamo al romanzo. Arma Infero – Il Mastro di Forgia è ambientato sul pianeta Muareb (che ricorda Dune), un tempo colonia umana prospera, adesso ridotta a un deserto in cui gli umani sopravvivono a stento.
All’inizio assistiamo a un lungo flashback in cui un vecchio viandante, Karan, giunge in una sala in cui si celebra un rito religioso dedicato al misterioso Lakon, il Martire Tiranno. Karan non è d’accordo con le parole pronunciate dallo sciamano e rivela di aver conosciuto Lakon e combattuto al suo fianco.
Il resto del romanzo è il racconto di Karan e della sua amicizia con Lakon: una storia in cui si mescolano cavalieri medioevali, alieni, tecnologia postapocalittica, veicoli da guerra viventi, intrighi politici, ideali cavallereschi, fughe, duelli, guerre e vicende tortuose.
Il registro linguistico di Arma Infero richiama un modo d’esprimersi arcaico e medievaleggiante, coerentemente con l’identità del protagonista che narra, che è appunto un cavaliere.
Se da un lato ciò conferisce alla lettura un fascino decisamente particolare, alcuni dialoghi a volte suonano artificiosi e le descrizioni indulgono in tecnicismi che rendono la lettura a tratti poco scorrevole, anche se in quest’ultimo caso la valutazione è legata al gusto personale: sono una lettrice che predilige la scorrevolezza alle descrizioni ricche di dettagli, certamente gli amanti delle narrazioni particolareggiate troveranno pane per i loro denti.
Non c’è dubbio che il romanzo presenti una complessità narrativa che va oltre quello che può apparire a una lettura superficiale. L’enorme quantità d’idee e la voglia dell’autore di riversarle su carta (o meglio, su schermo) lo rendono un’opera densa, dall’enorme ricchezza tematica, che intraprende un’operazione di world building poderosa.
Non nego che forse qualche taglio in più avrebbe favorito la scorrevolezza del romanzo, ma in fondo è proprio nella sua “abbondanza” che Arma Infero rivela tutto l’estro creativo dell’autore.
Avendolo letto “a tappe”, Arma Infero mi ha accompagnato a lungo, lasciandomi la sensazione di conoscerli bene quei personaggi, di aver intrapreso un cammino con loro, piacevole finché è durato.
Del ciclo di Arma Infero è appena uscito il secondo romanzo, I Cieli di Muareb. È probabile che leggerò anche questo, sperando di metterci meno di quanto ci ho messo per il primo titolo della trilogia.
Di Fabio Carta segnalo anche Megalomachia, uscito da pochissimo per Delos Digital, una storia scritta a quattro mani con Emanuela Valentini.
Trovate Arma Infero – Il Mastro di Forgia in vendita in versione ebook qui.
Per oggi è tutto. Alla prossima!